L’uomo nella sua storia ha inventato innumerevoli tipi di trappole per catturare le prede di cui aveva bisogno per nutrirsi.
Le trappole per la cattura del pesce sono quanto di più ingegnoso si può trovare, sia come concezione della trappola, di metodi cioè adottati per invogliare l’ingresso ed impedire l’uscita, sia come materiali utilizzati nella costruzione della trappola, sia infine come esche per attirare il pesce.
In ogni zona vi sono tipi particolari di trappole diverse sia in funzione della specie e dei fondali in cui si opera sia in funzione dei materiali che in natura sono abbondanti in quella zona. Possiamo fare una distinzione di trappole: reti a postazione fissa e nasse.
Reti a postazione fissa:
Le reti a postazione fissa sono calate in un punto scelto sulla base della esperienza ed ivi lasciate per tutta la stagione di pesca. Il calo in ogni modo è un’operazione piuttosto delicata e laboriosa. E’ necessario un sistema di ancoraggio sicuro cui fissare le varie parti della rete, è necessario conoscere le correnti prevalenti nella zona in cui si opera, è necessario conoscere la normale direzione dei pesci che si vogliono catturare in modo da disporre il braccio di incanalamento nella giusta posizione cioè in posizione che convogli il pesce verso l’attrezzo e non viceversa. Nelle reti a postazione fissa, l’ingresso deve essere facile ed invitante, l’uscita in pratica impossibile. Per questo molto spesso si hanno vari ingressi consecutivi sempre più sicuri da cui è impossibile uscire. L’ultima camera dell’attrezzo è la camera della morte, dove il pesce resta fino che il pescatore salpi la rete e lo prelevi. Le reti a postazione fissa normalmente non sono innescate, sfruttano solo le abitudini o le migrazioni dei pesci, note per la lunga esperienza ai pescatori.
La tonnara:
Non è certo possibile confondere la tonnara con un altro attrezzo da pesca. Le stesse dimensioni sono tali da non lasciare dubbi. Gli impianti fissi per la cattura del tonno sono chiamati tonnare per mattanza. E’ la maggiore fra tutte le reti da posta fissa. Le zone poi dove sono calate le tonnare sono molto note da lungo tempo ormai. Questo attrezzo da pesca, ormai è ridotto a poche unità, è costituito da un’isola formata da camere e da una coda capace di incanalare i tonni che la incontrano durante i loro movimenti, orientandoli verso l’isola stessa che ha, a sua volta, capacità di trattenerli e di mantenerli in una trappola. La cattura si svolge in diversi momenti tutti collegati fra loro ma distinti. I tonni oggi si catturano con la tonnara volante.
Le Nasse:
Le Nasse sono piccole trappole che sono salpate ogni volta che si preleva il pesce e calate sullo stesso posto. Le nasse possono essere costruite con vimini, con rete montata su intelaiatura rigida in legno e ferro; oggi sono anche costruite in serie in materiale plastico. Le bocche d’ingresso sono generalmente fatte a mano, a forma di imbuto o in rete o in filo di ferro. La pesca delle nasse è effettuata con imbarcazioni a remi o con piccolo motore. Quando la calata delle nasse è numerosa, queste sono unite tutte quante a distanza conveniente ad una corda chiamata come per il palangaro madre o trave. Naturalmente il salpamento non è più manuale ma con verricello. L’esca utilizzata è formata da pesci di poco valore e per le seppie le foglie di lauro.
Il Cogollo:
Il Cogollo si presenta come una rete con inserite alcune intelaiature fisse. Sulla intelaiatura è montata sia la rete esterna che forma le pareti della camera, sia la rete che, tenendo il cogollo, formerà l’ingresso ad inganno. In mare il cogollo è generalmente calato in prossimità della riva; a volte la parte superiore dell’attrezzo è ben visibile a pelo d’acqua. In ogni caso la sagoma permette di evidenziare il braccio (o i bracci) di incanalamento, la prima bocca d’ingresso e il corpo dell’attrezzo. Il sacco è segnalato da un galleggiante per permettere il periodico prelievo del pescato. La Menaica:
Lungo le coste cilentane, la pesca più tradizionale è quella delle alici, che cadono in una particolare rete, la menaica. Si tratta di un antichissimo sistema, quasi completamente scomparso: le alici vengono catturate rimanendo impigliate con la testa nelle maglie della rete. La cattura avviene solo in determinate condizioni atmosferiche: giocano un ruolo fondamentale la direzione e la velocità del vento, la luce lunare in situazioni di cielo sereno, le maree e la temperatura dell’acqua. La tecnica determina una selezione del pescato: le piccole attraversano indenni la menaica e quelle grandi non riescono a passare. Quelle dalle dimensioni “giuste” restano intrappolate nella rete che determina il loro dissanguamento in acqua, conferendo alle carni una particolare colorazione rosata. Le alici vengono poi tolte dalla rete una a una. Pur essendo ottime da mangiare fresche, cotte o anche crude, lasciandole marinare nel succo di limone e condendole con olio, aglio e prezzemolo, le alici di menaica più pregiate sono quelle conservate sotto sale. La tecnica di conservazione è lunga e laboriosa e richiede particolare abilità nella preparazione. La produzione di questa specialità è concentrata nei paesi di Pisciotta e Pollica (Sa). Complessivamente, a secondo degli anni, si arriva a una produzione di circa 8-10 q l’anno di alici conservate, rendendo così un prodotto di “nicchia estrema”.